È vero, in inglese è più cool, “you only live once”. Ma il senso è lo stesso.
La mia domanda, tuttavia, non è relativa alla semantica.
Già mia nonna, anni e anni fa, ripeteva la frase “Si vive una volta sola”, come fosse un mantra, ogni volta che mi vedeva perdere tempo, provare “troppa” sofferenza anche nei casi in cui sarebbe inevitabilmente passata da sola con il tempo, ogni volta che facevo una scelta affrettata, ogni volta che mi veniva voglia di mollare.
Ora Yolo è un mantra tornato alla carica in tutta la sua potenza, anche se non è più mia nonna ad esclamarlo!
Come riportato dal New York Times e dal Sole 24 Ore, molte persone hanno deciso di lasciare lavori stabili, perché si sono rese conto che quella non era la loro vita. La generazione Z non cerca lavori asfissianti in azienda ma si lancia in start-up innovative che hanno a che fare col green, l’i-tech, la sanità e…il lusso.
È qualcosa che ho già visto succedere, o meglio lo vedo tutti i giorni, nelle corsie d’ospedale. Riflettevamo proprio su questo, durante una fruttuosa pausa pranzo, con un uomo che stimo particolarmente, il dott. Stefano Magno, direttore del Centro Terapie Integrate in Senologia del Policlinico Gemelli di Roma.
“Molte pazienti dicono che il cancro è stata una benedizione. Hanno trovato la forza di lasciare un compagno che non le amava, di aprire un’attività che sognavano da tempo, di scrivere best seller”, mi confidava.
Voglio farvi una domanda, che poi in realtà sono due:
- È proprio così necessario arrivare ad un evento tragico, che ci avvicina alla morte, per trovare il coraggio di essere noi stessi?
E poi
- Ora che abbiamo capito cosa è veramente importante, siamo disposti a metterci totalmente in gioco per percorrere la nostra vera strada?
Personalmente, in questa pandemia, ho fatto l’esperienza più trasgressiva della mia vita: dormire a casa mia, stare a casa mia, per tanto tempo. E mi è piaciuto.
Prima, per via del lavoro da consulente, giravo Italia ed Europa in lungo e in largo. Sono capace di comporre una valigia per due settimane di trasferta in meno di sette minuti. Qualche mattina, ancora assonata, dopo essermi fatta la doccia, buttavo l’asciugamano a terra, come si fa negli hotel quando vuoi che ti cambino la biancheria. Ma ero a casa mia… questa bella sconosciuta!
Il tempo ha valore e ho preso le mie decisioni, giuste o sbagliate non ne ho idea. So che sono mie, mie e basta e mi ci sento dentro, a mio agio.
E voi?
YOLO significa DECIDERE
Provo a fare un po’ di ordine perché ci cadiamo tutti, prima o poi, a faccia avanti. E dopo ci battiamo le mani sulla testa dicendoci tanti di quei: “Se avessi fatto, se avessi detto…”
Probabilmente sapete bene di cosa sto parlano: è il famoso “rimpianto”.
Cerco di aiutare dando degli strumenti per affrontare questo mondo super VUCA che a volte ci toglie il fiato.
Partiamo dall’inizio.
Partiamo da una parola che ci mette un po’ paura. E la paura è nel suo significato: dal latino decīdĕre, comp. di de– e caedĕre «tagliare», tagliare via.
Tagliar via cosa?
È quel “cosa” che già abbiamo che ci mette i legacci, che ci fa avviluppare in tante, ma tante, elucubrazioni mentali.
E se esagerassi dicendo che stiamo osservando la cosa da un punto di vista errato?
In realtà, non lo dico sol io, ma prima di me illustri ricercatori che hanno addirittura ricevuto premi Nobel per averlo scoperto.
E cosa hanno scoperto?
- Che il “cosa” che dovremmo scegliere di tenere o tagliare via, non ha nulla di oggettivo!
- Che dunque è importante capire il “come” scegliamo, poiché le motivazioni, dal nostro lato della scienza, sono tutte legittime per definizione!
Allora, seguimi in questo esperimento fatto di riflessioni e domande.
La mente, mente (1)
Beh sì, e ce ne siamo accorti da soli anche senza scomodare grandi scienziati.
Gli errori “cognitivi”, da questo lato della scienza, si chiamano bias. Non ve li elenco tutti poiché sono infiniti e ne troverete, girando su internet, chilometri di letteratura.
Ne prendo uno ad esempio, forse tra i più comuni: il bias di ancoraggio.
È un processo cognitivo per cui, nel prendere una decisione, tendiamo a confrontare solo un insieme limitato di elementi.
L’errore è quello di ancorarsi, fissarsi su un valore che viene poi usato in modo comparativo.
Può essere, a titolo di esempio:
- un singolo elemento (prezzo);
- uno scenario complessivo;
- l’investimento di tempo personale.
Proviamo, ti va?
“Il problema dei 5 euro”.
A | B |
«Sei in un grande magazzino e stai comprando una giacca che costa 125 euro e una calcolatrice che costa 15 euro. Un commesso ti dice che la medesima calcolatrice che vuoi comprare è venduta a 10 euro nell’altro punto-vendita, che dista 20 minuti di auto. Andresti nell’altro punto-vendita?».
| «Sei in un grande magazzino e stai comprando una giacca che costa 125 euro e una calcolatrice che costa 15 euro. Un commesso ti dice che la medesima giacca che vuoi comprare è venduta a 120 euro nell’altro punto-vendita, che dista 20 minuti di auto. Andresti nell’altro punto-vendita?».
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La mente, mente! (2)
La teoria del prospetto, ovvero un premio Nobel in economia assegnato a… due psicologi
Secondo la teoria del prospetto di Daniel Kahneman e Amos Tversky le persone sarebbero più interessate ai cambiamenti di stato rispetto al punto di partenza che
all’esito in sé. Cosa cambia dalla mia situazione di partenza? Questo sembra interessare e condizionare di più, anche se non ne siamo sempre consapevoli.
Questa teoria descrive il valore in termini di variazione rispetto al punto di riferimento che è SOGGETTIVO.
Vincita = esito superiore rispetto al punto di riferimento.
Perdita = esito inferiore rispetto al punto di riferimento.
Noi partiamo da un punto di vista, diciamo, personale. Possiamo reagire ad una situazione di rischio in base a diverse variabili che riguardano noi e solo noi. Il nostro stato d’animo, il contesto da cui veniamo, la vita che viviamo. Questo sembra condizionare di più le nostre scelte.
E in queste valutazioni soggettive, le perdite hanno un peso maggiore, vengono
considerate diversamente rispetto alle vincite e ai guadagni.
Se sai che c’è la possibilità di perdere qualcosa che hai, sei più propenso a rischiare per non perderlo. Se l’esito sembra più vicino alla vincita o al guadagno di qualcosa che ancora non hai, allora sarai meno propenso a rischiare. Questa si chiama avversione al rischio.
La teoria del prospetto spiega anche:
- INVERSIONE DI PREFERENZE: la nostra preferenza dipenderà molto da come ci verrà presentata la situazione, se ci parleranno di scommessa o acquisto, o se ce la descriveranno con verbi come scegliere o scartare;
- comportamenti in caso di aggregazione/disaggregazione.
Ok, per farti un esempio utile a chiarire questa teoria, voglio riportarti un esperimento fatto dagli stessi Kahneman e Tversky, i quali hanno diviso dei venditori in due gruppi:
- ad uno hanno dato 5 mila dollari dall’inizio e hanno detto: “Se non raggiungete l’obiettivo, ce li dovete ridare”;
- all’altro gruppo hanno detto, invece: “Se raggiungete l’obiettivo, ve li diamo”.
Cosa ne è venuto fuori? Che tutti coloro che facevano parte del gruppo A, quindi tutti coloro che partivano da una situazione personale che li vedeva con i soldi in mano, hanno raggiunto l’obiettivo.
Invece non tutti quelli del gruppo B, quindi quelli che non avevano i soldi in mano in partenza, hanno raggiunto l’obiettivo.
Perché? In fondo, sarebbe stata la stessa cosa, la situazione sarebbe stata in conclusione la stessa. Chi prima chi dopo, al raggiungimento dell’obiettivo, avrebbero avuto la stessa somma di denaro. Eppure la situazione personale di partenza ha condizionato la scelta e l’atteggiamento con cui è stata affrontata una situazione di rischio.
Perché si è più disposti a rischiare se si è sicuri di perdere qualcosa già in nostro possesso, anche se, come in questo caso, i soldi non erano ancora esattamente di proprietà ma solo anticipati e “promessi”.
Il gruppo A, a cui era già stata anticipata la somma, aveva l’impressione di perdere di più. Quindi ha rischiato di più.
Effetto framing
Kahneman e Tversky hanno capito che i pregiudizi cognitivi che la nostra mente costruisce dipendono anche da come ci viene presentata e descritta una situazione, se sottolineandone per esempio i lati positivi o quelli negativi.
“FRAME” indica la prospettiva, la descrizione attiva nella mente del soggetto, facendo vedere il mondo da una prospettiva limitata, offrendo una cornice entro la quale il giudizio si forma.
La strutturazione degli eventi corrisponde alla rappresentazione mentale degli eventi stessi. (Kahneman)
Per esempio: i tassisti devono raggiungere un target economico giornaliero. Sono più propensi a continuare a lavorare quando non lo si raggiunge che non a lavorare di più per massimizzare i guadagni ed avere più riposo nei giorni in cui lo raggiungono subito.
Il fatto di assumere una certa prospettiva e quindi fare una scelta è influenzato dal frame proposto, oltre che dalle abitudini e alle caratteristiche individuali del decisore.
Pensate ai dati sul covid che venivano dati durante il locdown!!
L’effetto framing ha permesso di comprendere che le reazioni in caso di vincita e perdita non sono equivalenti sul piano emotivo. Anche i dati neurobiologici indicano una diversa localizzazione ed entità di risposta.
Anche qui, quindi, nonostante la situazione sia la stessa, ci sembra diversa perché, in base a come ci viene presentata, la nostra mente mette in atto un pregiudizio cognitivo, una convinzione che ci fa apparire la cosa migliore o peggiore.
Cosa ci può aiutare?
Fermarci, respirare e prima di tutto capire come decidiamo, o almeno come lo abbiamo sempre fatto fino a questo momento.
Adesso respira e chiediti:
- Qual è il tuo stato d’animo quando devi prendere decisioni importanti?
- Come procedi? Quali elementi ti facilitano e quali invece ti complicano la situazione?
- Per quali tipi di problemi ritieni di essere più portato? Ti piace risolvere problemi logici, anagrammi, rebus, criptogrammi?
- Quali sono gli errori nei quali ti capita più spesso di imbatterti?
- Quando devi valutare una situazione, quali elementi soppesi maggiormente? Ci sono aspetti che ti rendi conto hanno una certa influenza sulla tua visione delle cose?
Sono solo alcune delle domande da porsi prima, poiché focalizzandosi sul “come”, non solo si può arrivare meglio al “cosa”, ma addirittura si può scoprire che …non ci spaventa o non ci interessa più.
YOLO: Il tempo ha valore!
Ora, dopo questa pandemia, ne abbiamo tutti evidenza.
Ricordiamocelo!